Nel lontano anno 1975, una marito evocava in giudizio la moglie, chiedendo che fosse disposta la revocazione delle donazioni indirette eseguite in suo favore, avendo intestato a nome di lei la comproprietà di beni immobili acquistati con il proprio danaro. La moglie resisteva e, in via riconvenzionale (cioè, di rimando) chiedeva la divisione del patrimonio comune. Nel 1990, con la solita celerità della giustizia italiana, il Tribunale di Messina, respingeva la domanda ma, nel 2005 (sempre più veloce), la Corte d’Appello riformava la prima sentenza e dichiarava la revocazione per ingratitudine delle donazioni indirette. Non paga, la moglie proponeva ricorso per Cassazione.
Con sentenza del 14 febbraio 2008 (l’ironia della sorte ha scelto il giorno di San Valentino) la Cassazione ha confermato la sentenza della Corte D’Appello: l’ingiuria grave, richiesta dall’art. 801 del codice civile quale presupposto della revocazione, consiste in un comportamento con il quale si rechi all’onore ed al decoro del donante un’offesa suscettibile di ledere gravemente il patrimonio morale della persona, sì da rilevare un sentimento di avversione che manifesti un’ingratitudine verso colui che ha beneficato l’agente, tale da ripugnare alla coscienza comune.
Pertanto, costituisce ingiuria grave non tanto il fatto che la ricorrente, all’età di trentasei anni, già madre di tre figli, avesse intessuto, con un ventitreenne, una relazione, protrattasi clandestinamente per vari anni e sfociata nell’abbandono della famiglia per convivere con il nuovo compagno, quanto l’atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all’insaputa del quale la ricorrente si univa con l’amante nell’abitazione coniugale.
9 luglio 2008